PROVINCIA DI FERMO
Per il Comune di Amandola, R. E. di anni 82 racconta: “…Adesso le vigne non ci sono più ma prima c’erano gli “alberi” proprio…C’era il “pecorino”, c’era il “forcese”, l’uva “galloppa” quella nera, la malvasia, la “passerina” che faceva un’uvetta piccola come i semi dei sambuchi però per il vino era ottima…”
G. V. di anni 96: “…(Prima si coltivavano) grano, granturco, patate, biada, cicerchia, cece, tutto si coltivava…Anche la canapa si metteva…Poi si prendeva la lana delle pecore e ci facevano certe lenzuola che durano gli anni…(Per macerarla) si faceva un “vorgo” qui sotto, un pantano, ci si mandava l’acqua e ci si teneva (in ammollo) tanti giorni per farla “sfilacciare”. Poi c’era la “macenga”, un attrezzo di legno mezzo tagliente che gliela mettevi sotto e la “scocciava”… Poi c’erano quelli che con certi pettini la pettinavano e le donne che la filavano..Poi con lo scarto ci facevano altri panni meno buoni..Con l’altra ci facevano le lenzuola che ancora io ce le ho..Ci si sentiva tanto più caldo…”… “Noi altri, quando avevo la tua età, avevamo frutti di tutte le specie: le mele, le “ciorve”, le pere, le nespole che venivano di dicembre…Avevamo le mela rozza, la mela rosa: era gentile, buona e grossa e ne faceva tante e non si potava. Certe piante che facevano i quintali…”
A. F. di anni 81: “L’uva si metteva solo quella per fare il vino, e il vino si faceva solo cotto. C’avevamo le canale poi si cuoceva nel caldaio… Quando la canapa era fiorita si toglieva quella fiorita, che erano i maschi e non erano buoni, si tagliava a mano, si facevano i mazzetti e si mettevano ammollo. noi c’avevamo il posto in campagna dove metterla a macerare. Ci si teneva qualche settimana. Quando sera asciugata si tritava con la “ciagola” e ci si faceva la biancheria… C’era una famiglia che faceva i bachi da seta… C’erano le mele rosa… Noi facevamo sei o sette quintali di grano… Mettevamo anche il granturco per casa. Quando si raccoglieva si portava a casa e si scardozzava….”
V. G. di anni 72: “…Filavamo la canapa e si coltivava pure. Si portava a bagno giù al fosso Carogno, tra Macerata e Ascoli… dopo coi pettini si pettinava e ci si faceva il finicchio e il nocchio… Si metteva pure l’orzo di caffè, per fare il caffè. Si brustoliva, poi si macinava e ci si faceva il caffè. Con quello ci si faceva anche l’acqua d’orzo per i bambini e si mischiava con il latte che altrimenti era troppo pesante…”
S. A. di anni 82: “…Noi mettevamo un quintale di grano e te ne faceva cinque o sei. Era il Frassineto o la Iervicella, e veniva alto. C’era anche la varietà Roma, Zanzera. Però era tutto grano alto perchè non è come adesso che ci sta quello basso che lo prendi con la metitrebbia, prima bisognava farlo tutto con la falce, poi facevi le “coie”, poi facevi i mucchi chiamati i cavalletti così quando pioveva scolava giu e non si bagnava… -…(su a Capo Tenna, lungo la Valle Lunga ci sono ancora delle piante di vite, di fichi) le noci, le mele, ma questo castello non l’ho sentito mai, però queste piante me le ricordo io perchè da ragazzo andavo a lumache lassù…”
M. A. di anni 76: “…Di canapa se ne metteva, che posso dire, “lo scarico per tutta questa cucina”..La canapa poi si portava nei “vurghi” che stavano vicino Tenna..Noi ce li avevamo proprio al di la’ dei campi nostri…Le “canepine” stavano anche qui sotto la Forestale…Qui era più comodo..Quelli che la mettevano qui la portavano sotto al ponte, poi si lavava e l’acqua si mandava via sul Tenna…Si è fatta (la canapa) fino a quando io avevo 17-18 anni…Quando facevano il panno per fare le lenzuola poi si portava giù al Tenna per farlo sbiancare…Il seme che piantavamo era sempre il nostro che prendevamo da questi maschi (?), i “sammera”….Mi ricordo che da ragazzo mettevamo la cicerchia, lo “gli” (lino). Il lino come la canapa si usava per casa e si lavorava come la canapa…Prima le varietà di grano che si mettevano erano: il “frassineto”, poi quando avevo 15 anni si iniziò a mettere l'”impero”, lo “iervicella” che era una varietà che veniva alto così e con la pioggia si coricava tutto, poi c’era il “san pastore” che invece un po’ si salvava. Il frassineto e lo iervicella invece su 400 cavalletti non c’era una spiga in piedi; con i temporali e la grandine si spianava per terra tanto che si doveva mietere con la falce fienara che con la falciatrice non ce la facevi..Da noi quando la stagione era buona si facevano massimo 200 cavalletti ma era tutta paglia….Noi mettevamo più che altro la fava, perchè la mangiavamo anche noi. Mettevamo un ettaro e mezzo, due di fava. Eravamo 21 persone con venti bestie grosse, i maiali…Mettevamo anche i ceci, i fagioli, le zucche per i maiali. Con le zucche ci si ricavava anche qualche soldo perchè si vendeva il seme che si separava dal resto che si dava ai maiali…”…“Di frutta sul terreno che avevamo noi c’era tutto: le pere rozze che facevano a novembre, le moscatelle, tutti i frutti…Di uva c’era l’uva di “Santa Maria” che faceva quei grappoli grossi con gli acini così, c’era l’uva “galloppa”, il “moscatello francese”, la “passerina”, il “forcese”, il “cimicì” o “cimiciola”.. C’erano ciliege, prugne, di tutto…(Prima non c’erano i filari di viti); avevamo filari di “alberi” che formavano le “capanne”; questi alberi noi ce li avevamo in fila…Dovrebbero essere alberi di “oppio”…” Per il Comune di Belmonte Piceno, C. B. di anni 81 racconta: “…Le varietà di olivo, il sardanu la pianta più antica e più buona per l’olio, il piantò e la carboncella…”
M. G. di anni 90: “…La canapa si coltivava perchè quasi tutti i tessuti erano fatti di canapa…Quella si metteva a marzo e quando era pronta si mieteva poi si metteva a seccare. quando era secca si portava giù a Tenna a “curare”. Poi la ricacciavi e con la “macenga” la battevi tutta…Si faceva fina fina poi si filava con il “fuso” e la “conocchia”. Con quel filo poi si faceva il panno al telaio..Il panno poi lo portavamo ancora a sbiancare al Tenna…Anche il lino si metteva..Il lino era basso così e faceva i semi piccoli..I panni di lino tenevano caldo ma costavano un sacco di soldi…”
S. G. di anni 86: “…prima si metteva “il cecio” il cece, la fagiolina bianca, i fagioli dall’occhio e i fagioli a uova di quaglia…La mela più comune era la mela rosa, poi c’erano anche le mele di San Pietro, le mele a “muso de bove”, le mele granà…di qualità di olivo avevamo il “piantone di Fallerone”, altra qualità era il sargono faceva poco olio ma era il migliore ed il più resistente al freddo…”
Per il Comune di Falerone, M. L. di anni 85 racconta: “…il cece era una varietà che aveva una forma allungata. Si coltivava la sulla…”
M. D. di anni 85: “…si piantava la melleca per fare le scope di casa. La scopa della stalla era fatta con la sanguinella…prima si piantava la cicerchia, i lupini, l’anice, lo zafferano (si metteva nell’orto serviva per dare colore al formaggio), il lino, la canapa, il tabacco…la frutta antica: la mela rosa, la pera cannellina, le pere peccerose, i fichi caprini (erano rigati colarati neri e bianchi si facevano seccare)…”
B. A. di anni 75: “…L’olivo varietà antiche: il piantone di Falerone è una pianta biennale, cioè fruttifica un anno si un anno no, la limoncella (piantone di Mogliano) fruttifica meno ma tutti gli anni. Per il freddo resiste meglio il piantone di Mogliano. Altra varità d’oliva è la Maglianese e il Sargano. L’oliva del Sargano è piccolissimima l’olio è più buono. Il Sargano si secca facilmente con il freddo ma ricaccia altrettanto facilmente…la mela limoncella non sempre fruttifica infatti c’era un detto che diceva: “mela, ciliegia, pera, e fava con l’acqua lega…” B. E. di anni 84: “…Il grano adatto a fare la paglia era di una varietà particolare che ora non si trova quasi più: si chiamava “carosella” poi sostituito dallo “iervicella” che veniva alto con tanta paglia…Una volta mietuto il grano venivano selezionate le spighe e tagliate in modo che rimaneva solo la paglia. Si facevano le “mazze” di paglia e quando era secca si “stoppiava” ossia tagliava all’altezza dei nodi. Era un lavoro collettivo per il quale si radunavano tante ragazze. Poi c’era una macchinetta per selezionare la paglia a seconda delle dimensioni: la fina, la media e la grande. Si girava a mano.La paglia più grande (artenitura) si portava a vendere per le cannucce; quella fina e media si intrecciavano. Prima di portarla a vendere però doveva essere “insufflata” con lo zolfo per sbiancarla. Si metteva la paglia grossa dentro una cassa un po’ umida; poi si mettva un recipiente di coccio con la brace e lo zolfo. Si accendeva e poi si chiudeva la cassa. In questo modo la paglia si sbiancava…”
Per il Comune di Monte Rinaldo, A. E. di anni 93 racconta: “…le varietà di mele: mele rose, le mele di San Pietro…”
D. A. N. di anni 84: “…prima si seminanava farro e cicerchia…varietà dei frutti antichi: mela rozza, mele renelle, mele de San Pietro, Fichi carassani…”
V. E. di anni 81: “…La campagna era divisa per quinti, si mettevano 2 quinti di grano, 2 di foraggio e 1 granturco. Piantavamo zucche, bietole e fagioli si mettevano in mezzo al granturco, per ogni quinto si metteva una canna a croce. Prima si usava “la pertecara” per arare il campo , che veniva traianata dai buoi, uno dentro e l’altro fuori dal solco. Poi si doveva anche zappare la terra a mano con “la sappa e lo bidente”, tra gli altri attrezzi a mano c’era anche “la face fienara”. Quando si facevano le cavallette, sull’ultima si metteva una croce. Le cavallette si facevano mettendo sotto due cove vicine per farle reggere e poi le altre tre una sopra l’altra, a secondo di quanto si voleva fare alta, di solito era di cinque piani, e alla fine si metteva la croce infilzata in cima, ma non si metteva su tutte le cavallette. Altre sementi oltre ai fagioli c’erano i ceci, la cicerchia. I fagioli erano di una qualità marrone, detti anche i fagioli dell’acqua o l’ovu de quaglia, che si mettevano sugli acquari. Le donne zappavano con il bidente…C’erano le melette di San Pietro che erano piccolette, maturavano prima della mietitura, la mela rosa, la mela a muso de bove, la melagranà si usava per fare il mistrà, per dare un aroma. C’erano anche i fichi pendeli che si mettevano ad essiccare al sole poi si mettevano dentro al forno con i cesti di ginestra, nel forno dovevano rimanere almeno per una giornata…”
M. E. di anni 84: “…Prima c’erano più qualità d’uva: c’era il moscatello, il verdicchio, la malvasia ma non è quella di adesso, poi c’era il pergolo lo chiamavamo. L’uva si piantava sugli alberi d’oppio, non si mettevano a filari, ma a capanne, a alberi…”
V. L. di anni 83: “…Anticamente si seminava la “selleca” (segale) che serviva per dar da mangiare alle bestie. I vecchi raccontavano che la farina di segale si mangiava e si usava per fare il pane così come quella di ghianda: nel tempo antico si mangiava il pane di ghianda… coltivava la canapa per fare tessuti e vestiti per il fabbisogno della casa…… C’erano tre qualità di canapa e di conseguenza di tessuti. “Lu nocchie” era la canapa di migliore qualità con cui si facevano soprattutto le lenzuola; la “grasciulè” era la qualità mediana e serviva per fare vestiti, gli strofinacci o i sacchi per i pagliericci; i “pinicchi” o “tuoppi” erano invece quella più scadente con cui si facevano i sacchi per il grano e le corde, sia i cordini fini sia le corde grosse che usavano i marinai…La canapa si è coltivata fino agli anni ’40…Dopo la guerra è finita…”
B. G. di anni 83: “…Prima c’era il foraggio, il grano il granoturco, l’orzo. tra il foraggio c’era la sulla, il crocetto e il trifoglio. Il grano c’era il frasineto, la iervicella, la mentana rossa, l’impero… Il grano di adesso rende di più, prima c’era anche l’ancona. Le semenze si mettevano da parte di anno in anno e si ripiantava lo stesso… L’orzo si piantava poco… I fagioli si usavano quelli a uovo di quaglia e quelli neri. C’era anche il fagiolo rampone che si metteva in mezzo al granoturco, come le zucche lunghe per i maiali. La canapa si metteva, il lino un po meno, e si tesseva d’inverno. Si portava poi giu all’indaco, facevamo una parata e ce la ammollavamo. Si raccoglieva ed agosto e poi fine agosto, inizio settembre si portava ad ammollare. Le piante più belle si lasciavano per il seme. Il farro lo metteva poca gente e anche la cicerchia…”
Per il Comune di Monte Vidon Corrado, C. M. di anni 78 racconta: “…si coltivava il foraggio, il grano, soprattutto quello da paglia, perchè qui si lavorava la paglia per fare i cappelli. C’era la iervicella, il frasineto, il vanziotto, la carviscia che era una qualità antica ed era buono per intrecciare. Nel quaranta venne il grano impero precoce come la mentana. I migliori per la paglia erano i primi e soprattutto questa carviscia. Con la parte superiore del grano ci si faceva la paglia per i cappelli, quella sotto si chiamava stoppio e ci si facevano le cannucce o i ventaglie per il fuoco…C’erano vari tipi di legumi, come i fagioli quarantini, il cece che si metteva in mezzo al granturco come le bietole per i maiali… La canapa si metteva qui e ci si facevano le corde e la filavano per farci la biancheria per i corredi delle donne…l’uva c’era del tipo Gaucciu, l’uva moglia che è un tipo rosso ma non tinge, la santa maria, il cannaiolo che era nera e serviva per dare colore, la malvasia romana e nostrana… Noi c’abbiamo il piantone di Fallerone e il piantone di Moiano che sono due tipi di olivo della zona e c’è il sargano che è l’olivo maschio, quello che i vivai chiamano il pendolino…”
S. G. di anni 73: “…prima si metteva soprattutto grano e foraggio: il grano c’era l’impero, il frassineto, la iervicella per la paglia, per farci i cappelli…Si metteva anche il mais nostrano perche le stagioni erano più piovose e non occorreva irrigare. C’erano tutti i tipi di frutti, la mela rosa, la mantovana rotonda e grossa. C’era la pera di S. Pietro che si faceva d’agosto. Poi la barbabietola da zucchero…”
P. A. di anni 82: “…Si piantava principalmente il grano e il foraggio per le stalle, che erano una risorsa per la campagna. Il grano era del tipo del Vanziotto, la Carosella, Frassineto, L’impero, Littorio, la Iervicella che si usava per la treccia con la paia. Si metteva pure la canapa e l’ho messa pure io quando stavo vicino all’acqua… Il granturco era quello nostrano, buono per fare la polenta…”
S. D. di anni 73: “…Più o meno si continua a coltivare le stesse cose di prima. Orzo, grano tenero del tipo Impero. Ma il grano non s’è ammalato mai, adesso se non lo tratti s’ammala. io penso che è anche una questione di sementi. Prima c’era il corbello e ripiantavi la stessa qualità di grano che avevi messo l’anno prima. Adesso ogni anno lo devi ricomprare. Allora lo devi trattare, ma è due o tre anni che succede questa cosa… Prima c’era la iervicella per la paglia, perchè qua è zona di cappelli, anche il frassineto… Col pezzo più grosso della paglia ci facevano le cannucce e il resto lo usavano per intrecciare i cappelli… Si metteva anche il granturco per la polenta, il nostrano, poi è venuto quello a dente di cavallo, rende di più ma non è buono da mangiare. Io mi ricordo anche la canapa e come si lavorava…”
S. O. di anni 93: “…Olivo: mazzarello de Falerone…”
C. M. di anni 75: “…Seminavamo il grano Carosella, perchè faceva la paglia bella, lunga, fina e uguale da capo a coda che serviva per intrecciare i cappelli. Poi si metteva il frassineto e la iervicella, che fruttava un po di più. Il vanziotto si metteva poco perchè rendeva di più ma era basso e mom serviva per intrecciare. La parte bassa del grano si chiamava lo “stoppiò” e ci si facevano le cannucce. Qua lavoravano tutti con la paglia da fine estate in poi. Le trecce erano di diversi tipi e si lavoravano fino a tredici fili di paia. Queste trecce le filavano e ci facevano i cappelli. Adesso vengono dalla cina, ci mettono il marchio e li rivendono. Ora fanno i cappelli di stoffa… Si metteva il granoturco nostrano che serviva per la polenta. C’erano i fagioli quarantina che erano marroni e ne faceva tanti, ma erano più scorzosi. c’era la fagiolina bianca, quelli a uovo di quaglia che erano tipo i borlotti di adesso e quelli ad occhio nero… Prima prima magari mettevano un po di canapa per fare le corde, ma poca. Si metteva l’uva moglia, il cacciù (bianca e nera), la santa maria e si piantavano a alberi, sugli oppi, non a filari. Sulle piante l’uva rende di più ed è più buona, poi per coltivare con i trattori si sono fatti i filari…”
M. G. di anni 61: “…Si piantava la iervicella per la paglia. gli si dovevano levare le spighe e ricapare la paglia buona dallo stoppone, che serviva per fare le cannucce o una treccia più grossa. Poi si vendevano ai grossisti a 120 lire a pezza… (14:00) (20:00) Piu che altro c’erano le mele rosa, venivano belle senza dargli niente, adesso se non le tratti ti si rovina tutto… C’era la meletta di S. Pietro e la pera che maturava d’agosto e quella d’ottobre…”
Per il Comune di Montefalcone Appennino, B. F. di anni 79 racconta: “…le sementi antiche erano: la canapa, la cicerchia, il lino, la lenticchia, la sellaca (segale), la viuncella (la rafia )…le varietà dei frutti antichi sono: le mele di San Pietro, per conservarle bene si devono mettere al buio; la pera cannella e la mela cotogna che si usavano per il profumo o per la marmellata…”
C. M. di anni 88: “…si seminavano i fagioli a occhio di pernice, la fagiolina, la lenticchia, la bietola, il granturco, la cicerchia e i ceci…”
C. G. di anni 85: “…Anticamente si coltivava la cicerchia,la segale. Il seme della segale si dava a mangiare alle bestie; la paglia serviva per coprire la tettoia delle capanne, delle baracche per gli attrezzi e dei fienili….Si metteva il lino e soprattutto la canapa per fare tessuti, corde e altro. Si portava ad ammollare al “vorgo”, cioè al maceratoio, che sta presso il fiume Aso…Quando usciva dal vorgo doveva essere asciugata e poi “acciaccata” con le macigne che ancora si trovano… Le corde le faceva il “canapino” che passava a pettinare la canapa con i pettini di ferro e servivano per i buoi e il carro. Noi eravamo tre sorelle e per questo abbiamo filato e tessuto. I panni ottenuti al telaio dovevano poi essere sbiancati al fiume…”
F. A. di anni 82: “…Si coltivava il granturco e in mezzo al granturco si mettevano i legumi: ceci, fagioli, cicerchia….La cicerchia è un legume come il cece che si mangiavca come gli altri…Una cosa che si coltivava allora e ora non si coltiva più è la canapa: si metteva perchè in casa c’erano delle ragazze….Si faceva una buca, si riempiva d’acqua, e si metteva la canapa nell’acqua a macerare. Poi si tirava fuori e si batteva per togliere le “scorze” e ottenere la fibra. Dopo la guerra la canapa è finita…”
S. A. di anni 93: “…si piantavano la canapa, il lino, la lenticchia, il cece, la rapa…i frutti antichi erano: mele ruzze, mele bastarde che non si rovinano mai…”
Per il Comune di Montefortino, C. G. di anni 64 racconta: “…Prima qui si coltivavano le patate tante…Qui ci vivevano con le patate: era la coltura principale perchè d’inverno servivano sia per i maiali, sia per le pecore, sia per le persone…Se ne producevano tante e erano pure buone…Poi si metteva il grano che serviva per casa..Le varietà erano la “rieta” come la chiamavano, il romano che aveva la “rischia”, c’era il marzuolo che si metteva a marzo…Si metteva poi il moco che aveva la piantina che assomigliava a quella della lenticchia..Si dava alle pecore, alle capre e qualche volta veniva falciato come fieno quando stava a maturazione ma prima che si seccasse altrimenti si apriva… Qualche volta qualcuno metteva la cicerchia oppure i fagioli..C’era una varietà bianca come un confetto e una nera… Poi si mettevano i pomodori per fare la conserva…Il granturco si metteva per mangiare , per la polenta.. Quello in eccesso si dava alle bestie….Anche la canapa si metteva, si è messa fino agli anni ’50..Noi abbiamo un campo laggiù che si chiama “I canapà”….Una volta raccolta si metteva nei fossi: qui c’era una pozza con l’acqua di una sorgente e si metteva a macerare li’ dentro..Quando era macerata per un po’ di tempo si tirava fuori, si faceva seccare e poi con la “macenga” che era un attrezzo di lenno con dei denti che si incassavano la spezzavano e separavano la fibra…Poi la filavano e la tessevano. Erano autosufficienti…Le piante (a Capotenna) le ha piantate Rosi..C’è pure una mandorla..Le noci le abbiamo tagliate..C’è dellle mele rosa…”
M. U. di anni 85: “…Di varietà di grano prima ce n’erano molte di più… C’erano il frassineto, l’arieta, il marzuolo, l’orzetta, la iervicella..Si mettevano patate, barbabietole per i maiali e le pecore…Di fieno si metteva la crocetta…Di erba medica si metteva la pesarese che sarebbe il trifoglio…Anche la canapa si metteva e serviva per fare il corredo delle donne…”
S. P. di anni 76: “…Prima si coltivava più di adesso…Si coltivava grano che prima era alto, non era come adesso. a volte se veniva un temporale andava tutto per terra..Le varietà erano: lo iervicella; poi arrivò un’altra varietà un po’ più basso, il gentil rosso; il frassineto; il marzuolo…Si metteva la segale, tanta, che era adatta per dar da mangiare ai maialetti..Con la paglia poi ci si facevano le pareti e i tetti dei fienili.Si pettinava e poi ci si facevano i fienili: si facevano tutti mazzetti legati e poi si mettevano uno appresso all’altro per fare la copertura dei fienili…Poi si metteva l’avena parecchia sempre per le bestie…In mezzo alla segale si metteva la lenticchia in modo che non andava per terra. La lenticchia si metteva in mezzo alla segale perchè si aggrappava a queste piante e non andava per terra. Si sosteneva con la segale che è dura e è difficile che va per terra. E’ alta due metri e si piega poi torna a posto. Si seminava a “spaglio” come il grano…In mezzo si metteva questa lenticchia in modo che non andava per terra. Per separarle poi quando si mieteva la segale con la falce a mano la lenticchia si sfilava e si metteva da parte..Si metteva poi su un lenzuolo, si metteva al sole e quando era asciutta si separavano i chicchi…La segale non è che si trebbiava, perchè non si poteva trebbiare, ma si batteva con un bastone, anzi due bastoni legati con una corda…si batteva sopra un lenzuolo o una coperta per far cadere i chicchi, poi quello che rimaneva si passav con il “corvello”. Di questo ce n’erano di due tipi: uno per togliere la roba più grossa e uno per quella più fina…Si coltivava la cicerchia che è una specie di legume e si mangiava..La patata, i fagioli che mia madre chiamava con l’occhietto, oppure quelli a uovo di quaglia…Si metteva la canapa e c’erano i “vurghi” apposta dove si “curava”..La canapa quando era matura si tagliava, si facevano dei fascetti e si portava in questo pozzo dove c’era l’acqua..Uno stava qui dentro e un’altro vicino al mulino..Poi dopo che era stata una quindicina di giorni in cura si cacciava e si metteva attorno a un muro per asciugarla. Quando era asciutta si prendeva la “macenga” e si schiacciava..Rimaneva la fibra con tutti pezzi di legno attaccati..Poi questa veniva pettinata col pettine e la “pettinella”…L’uva che c’era prima era di varietà diverse. C’era la malvasia, il vaccaro che era grossa, il forcese, il pecorino che era buono, il tostarello, il verdicchio, il cimicì che era delicato, il moscatello..Le viti che sono state messe dopo non hanno più fatto l’uva buona perchè non matura bene..Quelle invece erano già ambientate qui e facevano tanta uva…C’erano gli “alberi” per fare le capanne…”
P. R. di nanni 80: “…(La canapa) c’erano i posti dove si metteva e veniva solo in quei posti…Le “canapine” erano da quella parte verso il fiume dove c’era la terra sabbiosa..Per “invurgarla” c’era un fosso dove l’acqua c’era sempre: si deviava e si faceva un grosso pozzo dove si mandava l’acqua e ci si metteva a macerare la canapa…Poi quando era arrivata si faceva asciugare e poi si “macengava”…Più in alto di qui non si coltivava…La canapa veniva solo in alcuni posti..Se la mettevi qui non ci faceva….La canapa era una risorsa perchè ci facevano tutto: la biancheria, i sacchi, gli indumenti, le corde…Si metteva la cicerchia, il moco che serviva per i piccioni e per gli agnelli che gli faceva bene; si metteva la segala per i maialetti, il farro io non l’ho messo mai ma so che si metteva; il grano era la iervicella, il frassineto, il marzuolo che si poteva piantare tardi e si andava a comprare a Castelluccio…La mela di San Pietro ormai non si trova più; la mela a muso di bue io ce l’ho una pianta . Mi è rimasta solo quella e si sta seccando…Ho anche le mele rosa che però non fanno quasi mai…C’era la mela rozza che mi piaceva tanto…Le pere ci sono queste di San Pietro…Di uva c’ho l’uva fragola che c’è sempre stata..Poi c’erano il pecorino, il forcese, la malvasia, la vissana, il vaccaro che qui chiamiamo uva di Santa Maria che fa quegli acini grossi…Le varietà dell’uva c’erano quasi tutte. il morettone, il san giovese…Il morettone è da tavola… Io ancora però c’ho gli alberi, le capanne che nessuno ce l’ha più…Io finchè posso salire sulla scala…Tra i filari e gli alberi c’è una differenza enorme…Il vino viene più sostanzioso…”
A. A. di anni 75: “…le sementi antiche erano: Grano romanella e frasineto orzetta, ceci, cicerchia, fagioli a occhio di bue…varietà dei frutti antichi: mela rosa, berrettina e la ruzza la mela di S.Pietro…”
C. P. di anni 85: “…Si coltivano il grano delle varietà frassineto, virgilio, vanziotto, iervicella e torrenova. Erano le qualità che si trovavano. Quello che rendeva di più era il vanziotto e terranova. Il granturco era un tipo nostrano, che si usava per la polenta, prima che uscisse quello americano per gli animali. Noi ce ne abbiamo qualche pianta del nostrano. I fagioli erano i quagliaroli, quelli a uova di quaglia, quello a occhio nero, la fagiolina quella biancha e cannellini. Chi aveva le figlie femmine metteva la canapa nei terreni più grassi e buoni che si chiamavano i canapari. Si è piantata ancora verso il ’60. Si portava a morga a S. Tomasso si faceva un buco e ci si mandava l’acqua… Ci si teneva una ventina di giorni. Poi si cacciava, si passava sulla macenga e poi si pettinava. Ho pettinato anche io con il pettine per sgrossarla e la pettinella per raffinarla. Poi le donne la tessevano… Ci si facevano anche le corde… I bachi da seta li facevano; si consegnavano a Comunanza dove c’era una ditta che li ritirava. Qualcuno metteva il tabacco di nascosto nei boschi… Si doveva mettere a macerare sotto il letame a strati… Il grano si spandeva sull’aia poi con le bestie si girava intorno e pestava. Poi c’erano i corvelli per separare il grano che separavano anche quello più bello da quello per la semina. Il “Mazzangolo” era un bastone lungo con infondo un altro bastone legato per taverso e serviva per battere il grano ma soprattutto la “Sellaca”, la segale, per la paglia che serviva per fare le capanne. Il seme erano per le bestie, ma c’era anche chi ci faceva il pane che si usava anche per curarsi. Sulla segale ci faceva anche la “carvugna”,(un fungo) che faceva venire la farina scura: un periodo ci fu anche sul grano… Si raccoglieva tutto a mano con la falcetta…”
S. E. di anni 84: “…Qui noi coltivavamo la segale, l’orzo, il grano, il granoturco. La segale e l’orzo si usavano per le bestie… Noi c’avevamo un setaccio tipo “corvello” ma con la tela fina e ci passava la farina di segale: col fiore della farina ci faceva la pizza, il resto si dava alle bestie…La paglia era molto lunga. Si puliva con il rastrello e rimaneva solo lo stelo e si usava per coprire le capanne intorno, tipo fienili fatti di legno e intorno ci si mettevano questi “Manni” di (paglia di) segale. L’orzo era molto più piccolo e c’era l’orzo “maschio” per fare il caffè. Mamma lo abbrustoliva con lo scaldaletto di rame sul fuoco. Poi si macinava e ci si faceva il caffè. Il grano c’era di parecchie varietà: il frassineto, il virgilio, poi è venuto quello “iervicella”. L’originale, il più antico era il frassineto, faceva delle spighe lunghe; (di semente vecchia) c’era anche il “gentil rosso”. Dopo sono venuti gli altri grani moderni. Si sceglievano le spighe migliori e si mettevano da parte i semi. Si trebbiava per prima e si metteva da parte. Ora non si trovano più questi tipi di grano. Era un grano che veniva molto alto e le piogge lo piegavano facilmente. Poi è venuto questo moderno che è molto più basso e resistente alle piogge e tutti l’hanno scelto. I fagioli erano quelli a uovo di quaglia. Si mettevano le patate. Qualcuno metteva la cicerchia, ma cresce più in alto… La canapa si metteva e la tessevano. Si portava qua sotto al “vurgu”, è un grosso pantano che si riempiva d’acqua. La canapa si metteva li per curarla, si diceva, e si teneva li per una quindicina di giorni. Poi si faceva asciugare e con un’affare di legno, “lu macingu” si triturava e si facevano tutti cumoli di questa canapa. Poi con un pettine di ferro la pulivano bene e le vecchie la filavano con il “filetto”, fatto di fuso e conocchia. Poi col telaio si tesseva la biancheria. Il lino non si metteva…”

Per il Comune di Servigliano, M. N. di anni 82 racconta: “…si piantava soprattutto grano, granoturco e foraggio. Facevamo anche sui duecento quintali di uva, ma eravamo a mezzadria e per noi ce ne rimaneva poca, considerando anche che parte la vendevamo alle cantine. Passavano anche a raccogliere gli acini dell’uva e poi d’inverno ci portava l’olio per le lume. Il grano era il frassineto, poi la mentana, il bò. Il granturco era quello nostrano. L’uva c’era la malvasia, il verdicchio, la cereciola, lo cacciù, il forcese: ma veniva un vino con tutta quest’uva! … L’uva veniva meglio perchè cresceva sugli alberi. Con l’oppio, l’albero dove cresceva l’uva, ci si facevano i gioghi, i ciocchi…avevamo anche tante piante di frutti, ma erano selvatiche e i frutti erano bastardi, non quelli innestati…”
M. S. di anni 93: “…il Sargano é una pianta d’oliva bastarda. L’ olio del Sargano è buono ma é più difficile da ripulire, é acerbo e ne fa poco…”
C. R. G. di anni 91: “…le sementi antiche erano: il cece, la fagiolina, i fagioli neri, i ceci pizzuti…l’uva bassa, quella che non veniva maritata con l’albero, si faceva con i fili, era alta 70 cm non di più. Per moltiplicarla si piantava un ramo per terra e dopo un anno, a primavera si tirava fuori e si ripiantava, dopo due anni fruttificava…Le varieta dell’uva erano: lo pampalò, lo force, lo pergolo, la malvasia, lo civì…”
Per il Comune di Smerillo, G. M. di anni 94 racconta: “…La canapa l’ho piantata si! Lo spiegavo che era una cosa bella, anche il lino. Babbo piantava la canapa e dopo ce la dovevamo portare giù al Tenna a lu vurghe. Quando era matura la tiravamo fuori e si passava sulla macinga. Poi si pettinava… C’erano due o tre pettini, uno più grosso per sgrossare e fare i “Pinicchi”, poi si passava su un pettine più piccolo e veniva fuori il “Nocchio” per filare. I “Pinicchi” servivano per fare un tessuto più grosso. Oppure si usava anche il “nocchio” per l’ordito e i pinicchi per la trama… i pinicchi servivano anche per fare i sacchi per la farina, e anche la fodera per i pagliaricci, le corde. Quando si filavano ferivano le labbra. Invece il nocchio veniva fino fino… Quando si filava la saliva non bastava, ma le nostre mamme seccavano la frutta d’estate, facevano le “paccucce” di mele, fichi, prugne, e si mengiavano per far venire la saliva… Una volta filata la canapa si tesseva e bisognava fare i cannelli di canne, si dovevano fare tutti uguali. Con le canne più piccoli si facevano i cannellini. Quelli più grossi servivano per l’ordito e si facevano con il cotone. Io ho tessuto anche lana e lana partendo direttamente dalle pecore su in montagna. Su dieci pecore bianche ci si metteva la lana di una pecora nera: veniva un grigio bellissimo. Questo tessuto si chiama “saia”. Questi cannelli grossi si dovevano sistemare su un tavolo col filarello… quando è finita questa operazione si deve passare sul telaio dove ci stanno i “licci”… Poi deve passare sul pettine che è quello che batte. C’era un ferro e si infilava tra un ferro e l’altro e si montava su un rotolo grosso….”
N. P. di anni 90: “…sementi antiche:cece, cicerchia, lenticchia, fagioli…le varietà dei frutti antichi: mele rose, mela di San Pietro… fra mela e mela si metteva la paglia e si lasciava sempre fuori per farle conservare…”
D. G. C. di anni 90: “…prima si seminavano:granoturco, grano il fieno, cece, cicerchia, canapa, lino, patate, rape…lu vaccaru era un tipo di uva…”
P. M. di anni 84: “…Prima si coltivavano lo “glì” cioè il lino e la canapa: si coltivavano per fare le corde, le lenzuola. La canapa si è coltivata fino a cinquanta anni fa. Quando era matura la canapa si “carpiva”, si facevano tutti mazzetti che venivano alzati diritti per asciugare al sole. Quando era asciutta si “sbatteva” per far cadere le foglie e si portava nei “vurghi” per “curarla”. I vurghi erano delle grosse buche che venivano riempite di acqua e dove la canapa veniva fatta macerare. Quando era pronta si tirava fuori, si lavava, si faceva asciugare e si “acciaccava” con la “macigna”. Poi venivano i canapini che la pettinavano e facevano “li nocchi” e la “rascelenia”. Le donne poi la filavano con la “conocchia” e il fuso e poi la tessevano al telaio. La conocchia era fatta di legno di nocello o con la canna…Il lino invece si vendeva senza essere lavorato…Si coltivavano la “selleca” (segale), la cicerchia, il cece…Tra i frutti antichi c’erano le “ciorve”(sorbi), le nespole, le mele cotogne. Le mele cotogne si mettevano nel mistrà…Nel vino cotto si facevano cuocere insieme al vino poi si mangiavano le mele…”
A. V. di anni 88: “…Si coltivava il grano , il granoturco, la fava, la selleca… i fagioli c’erano quelli ad uovo di quaglia. La canapa e si filava, anche la lana… ci si facevano anche le corde per gli animali. Il grano si falciava a mano e si facevano i cavalletti, poi si faceva un mucchio sull’aia e veniva la metitrebbia a macchinare. Prima della trebbia ci si faceva camminare sopra gli animali, la tresca. A capofila, quando si mieteva, si chiamava la Caporana, era lei che organizzava il lavoro…”
P. F. di anni 86: “…bene o male si piantava quello che si pianta adesso: grano, granoturco. In più si metteva anche la canapa. La mela c’era solo quella rosa. L’uva era quella San Giovese e il vino si faceva sempre cotto. Noi c’avevamo la caldaia murata e le canale di mattoni che andava nel capitello e da li si portava alla caldaia. C’era chi lo faceva scendere fino ad un terzo. Poi si metteva nelle botti da 10, 15 quintali…Andavamo fino a Castelluccio a mietere, e si carpiva a mano..lassù mettevano anche la cicerchia. Ma andavamo anche a Montegallo…”
D. G. A. di anni 82: “…le varieta di fagioli erano: fagiolù, uova di quaglia, fagioli neri. Si piantavano: cicerchia, cece, sedana, vinicchia, melica per le scope, rape, fava, piselli e cavoli…varietà di frutti:mele ruzze, mele rosse, mele romane, mele melonie, i fichi cori, i fichi penneri si seccavano sul forno, le pere cannelline, pere coscie d’inverno e le pere nane…”

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