ANTICHE VARIETÀ DELLA PROVINCIA DI MACERATA
Per quanto riguarda il Comune di Acquacanina, S.A, di anni 81, racconta: “..La strada che portava al Ragnolo si faceva con le tregghie. Si somentava tutta la montagna. Sul Ragnolo si coltivava il grano (la Romanella), l’orzo, il moco, l’orzola, la roveglia (si seminava a marzo aprile) e la segola. Si partiva dal paese alle 3 della mattina per andare sul Ragnolo con le bestie…” M. V. di anni 79: “…La reveglia si dava solo agli animali…Il Monte Ragnolo era quasi tutto coltivabile. Le colture erano messe a rotazione tre anni per tre anni. Alla primavera di Marzo con le vacche si arava con l’aratro di legno (si faceva la maggese) si lasciava riposare e nel mese di giugno si ripassava, ad agosto si seminava il grano a mano. Il grano che si seminava lo si lasciava dalla raccolta precedente. Il grano era detto la Romanella…”…“…di mele ce n’erano tante: Rosa, Ruzza, Canuta, Finnisella, Francona (innesto fra la Ruzza e la Rosa). Gli altri frutti che si trovavano erano le nespole, le ciliegie, i fichi bianchi…”
Per il Comune di Castelsantangelo sul Nera, F. C. di anni 79 racconta: “…Si piantava anche l’uva quassù. Abbiamo sfasciato una botte da sei quintali. C’era una vigna che stava sotto la chiesa e ci veniva il vino migliore perchè era da sole. Dalla toscana portarono una qualità d’uva che il vino veniva frizzantino. Si piantava soprattutto l’uva “vissanello”, poi il “zibibbo”, l’uva “pizzuta”, quella nera… Si coltivava anche la canapa. Se ne lasciava un pezzetto per il seme e da ragazzo ci andavo a prendere gli uccelletti con la fionda. La canapa non si metteva a macerare, ma si faceva solo seccare poi si passava sulla macenga… che gli levava l’anima legnosa. Anche mia moglie c’ha fatto le lenzuola. Sui pezzi di terreno più buoni si facevano le canapine, dove non c’erano molti sassi….Il “nocchio” era il più buono e con il “pinicchio” ci facevano i sacchi e le corde…”
V. E. di anni 77: “…quando andavamo a lavorare sul Monte Cardosa era dura anche perchè si raccoglieva poco. Si seminava tutta la montagna, si arava con le bestie. Il grano si trebbiava (si separavano i chicchi dei ceriali dalla pula e dalla paglia) con i muli. A luglio si mieteva, ad agosto si faceva l’ara per trebbiare con i muli e poi si ventulava ( si prendeva il grano con una cesta chiamata vegliaro si aspettava il vento e si ventulava il grano rimaneva nella cesta, la pula la portava via il vento). Sul Monte ci sono una diecina di aie (terreno battuto o lastricato) dove il grano veniva trebbiato fatte con le pietre. La prima aratura si faceva il 1 maggio, a settembre si seminava. I campi per la coltivazione si mettevano a rotazione quelli che non venivano seminato comunque si lavoravano e si concimavano. Il grano si raccoglieva a luglio nell’altra vicenda (rotazione delle colture). Erano due montagne dove si alternavano le colture. Dopo la mietura si facevano i cavalletti…La canapa si metteva di fronte casa mia, per questo la località si chiama Canepine. Le donne in inverno battevano la canapa con la macingola per poi la filarla. Quando filavano le donne per farsi venire più saliva in bocca mangiavano gli schianci (mela selvatica, per conservarla si infilavano le fette su un filo) e i grugnali (cornioli, per conservarli si seccavano sul forno)…il grano si seminava sul Monte Cardosa si preparava il terreno arandolo (maggese) con l’aratro per due mesi partendo dal 1 maggio. La quantità di grano raccolto era su due quintali di semina se ne raccoglievano 15 quintali circa. Si seminavano le due montagne Cardosa e Paiano oltre che con il grano con la roveia e la lenticchia. Il fieno lo facevamo sui Prati di Santa Lucia. Il grano si portava a casa con le slitte o tregghie e poi si ripartiva verso la montagna. Sulle aie si divideva il grano dalla paglia con i muli. Tre o quattro muli erano tenuti con delle corde da un uomo che stava nel mezzo dell’aia che li teneva sull’aia. I muli giravano sopra al grano in tondo battendolo. La trebbiatura veniva finita battendo il grano dagli uomini con i mazzafrusti (strumento avente due bastoni attaccati con una corda nel mezzo). Questo strumento veniva utilizzato anche da chi non aveva i muli. Per riportare a casa il grano si caricava sulle tregghie o sui muli, dopo averlo fasciato con dei lenzuoli bianchi…”
C. G. di anni 50: “…si coltivava la canapa sotto la fonte vecchia…si piantavano la roveia, il farro, la cicerchia, i mochi…La mela roscetta…”
S. U. di anni 84: “…Qui nella zona coltivavamo un po’ di grano, il moco per i piccioni, la lenticchia e la roveglia…Qui era tutta una vigna…La varietà di uva era la vissanella…Il vino qui era agro e lo facevamo crudo e cotto…Facevamo anche l'”acquarello” per le castagne ma questo, se era buono, durava pochi giorni (altrimenti nemmeno quelli)..Quando pestavi l’uva poi le cortecce le buttavi nell’acqua che si addolciva un po’ ma era acqua. Un po’ torbida e un po’ dolcetta ma acqua…”
R. F. di anni 76: “…in montagna alla piana di Castelluccio si seminava il farro e una varietà di grano chiamata la Romanella, mentre a Valleinfante si metteva il Frasineto. Le patate prima non erano come quelle di oggi ma con tante pretuberanze. Si metteva la roveia (ci si faceva una polenta chiamata la pesata)e i mochi…I mochi si davano a piccioni e agnelli, mentre non si potevano dare ai maiali. La segale ancora la metto in montagna in località San Lorenzo vicino alla Fonte…Il giorno di San Giovanni si seminano i fagioli (varietà dalla forma allungata), mentre per Pasqua con la luna calante si semina la lenticchia e la fava si piantava nel mese di novembre con la luna scura. Attualmente metto nell’orto i ceci pizzuti. Le cipolle si mettevano ad Aprile. Prima per battere il grano pulivamo un prato con le scope, vi mettevamo il grano battuto, vi facevamo girare i muli, si ventulava e si riportava a casa con i muli…Le varietà locali di mele erano: la mela cotogna, la limoncella e la mela rosa…”
M. M. di anni 100: “…Qui si coltivavano il grano, il granturco, le patate..Il farro si metteva sulla montagna a San Lorenzo..Anche la lenticchia si metteva nella zona della Cona..Anche la canapa si metteva. Quando che era maturata la “macingolavano con un attrezzo che la sfibrava tutta..Poi facevano tutti mazzetti, i “pinicchi”. Poi c’era un pettine apposta che gli portava via tutti quei pezzetti di legno che noi chiamavamo i “cannucci”. Da qui veniva fuori il “nocchio” che ci si facevano le lenzuola, le camice, tutto..Ad ammollare si portava al fosso, oppure la lasciavano fuori a prendere la “guazza” che mangia il colore e la fa diventare bianca. Questo si faceva dopo che era stata battuta con la macingola…Qui in fondo alla strada ci sono dei campi chiamati le “canepine” perchè li’ si metteva la canapa..Era la terra più fertile e ognuno si coltivava il suo pezzo… La canapa poi bisognava filarla con la conocchia e il fuso..Le donne per farsi venire la saliva per filare mangiavano le “schiance” che chiamavano “paccarelle”..Erano delle mele selvatiche che noi chiamavamo schiance. Le donne facevano le paccarelle e le mettevano a seccare alla finestra. Quando dovevano filare se ne mettevano in bocca una e veniva la saliva…..I fagioli c’erano quelli che chiamavamo della regina che sarebbero i borlotti..C’erano pure quelli dall’occhio nero…”
M. A. di anni 89: “…Si coltivava il grano, la lenticchia, la veccia, la roveglia che è come i piselli; anche il farro si metteva ma poco…La veccia si macinava per le bestie…Il grano andavamo a macinarlo a Castello dove c’era un mulino…Un mulino stava anche a Nocelleto e pure a Valleinfante…Il farro si seminava poco perchè per il farro ci vuole la terra buona…Anche la canapa si coltivava li’ dove c’era la fontana vecchia presso le prime case di Gualdo..Li’ c’erano alcuni appezzamenti di terra dove si metteva la canapa perchè c’era l’acqua…Qui però non si poteva macerare perchè non c’era il posto e infatti la nostra canapa era scura perchè non era bagnata..Per essere bianca la canapa deve stare nell’acqua…La lasciavamo seccare nel campo e poi si batteva con la macingola….Poi le vecchie la filavano col fuso e la conocchia…”
Per il Comune di Cessapalombo, C. D. di anni 77 racconta: “…Io mi sono arrangiato con qualche vite abbandonata che ho vicino casa e ho fatto tre quintali di mosto…Ci sono ancora viti di vecchie varietà, quelle che si usavano una volta: la “ribona” che era nera, la “galloppa” che era grossa, il “tintarolo” che era piccoletta, il “cimicino” che era pure piccola…Poi c’era la “santamaria” che era grossa e bianca…”
A. A. di anni 74: “…Le coltivazioni qui erano grano, granturco, patate e fagioli… Il grano era il frassineto, c’era quello precoce la roma. L’uva ce n’era in abbondazza e più che vigne erano alberi… La canapa la coltivavano pochi per uso familiare: corde, corredi… Si portava al Fiastra, al Fiastrone, a curare…Ci sono gli ulivi ma non ne sono tanti: più di tutto c’è la varietà coroncina, un po di leccino…”
Per il Comune di Fiastra, M. E. di anni 78 racconta: “…C’era tanta uva, delle seguenti varietà: il Vissanello, lo Zibibbo per mangiare, l’uva di Santa Maria era per mangiare, l’uva Canina per il vino, poi ce n’era un tipo nera…”
R. G. di anni 89: “…come piante avevamo i limoni selvatici, poi c’era la “mela renetta” che nascevano spontaneamente senza doverle coltivare. C’era la mela rosa che resiste fino a maggio-giugno, poi c’era il melograno, due tre qualità di fichi, il sorbo, il nocciolo, c’avevamo un filare di uva fragola e lo scianello…”
Per il Comune di Gualdo, L. N. di anni 96 racconta: “…Si coltivava un po’ di tutto e avevamo le perticare di legno. Babbo fu il primo a farsi la perticara di ferro… Il grano si piantava la “carosella” e sull’aia di mattoni si mettevano le cavallette e ci si faceva passare le vacche sopra, la “tresca”, la “trita” gli si diceva. Poi si levava la paglia e il grano si passava sulle “scolarole” una macchinetta che divideva il grano dalla pula facendogli l’aria. Si raccoglieva almeno 50 quintali all’ettaro. Si chiamavano le “coppe”, cinque coppe era un’ettaro quindi una coppa erano 2.000 merti quadrati… Per la “trita” si usavano due bastoni attaccati con una corda: la “mazzafrusta” gli si diceva…A dieci anni ci mandavano già a lavorare per le campagne Romane come “Guitti” dalla semina alla trebbiatura… Si seminava un po di tutto: ceci, fava, favino… Si coltivava sia la canapa che il lino che ci si facevano le corde, filavano i panni… La canapa si portava a “morga” giù al fosso Salino perchè anche d’estate ci rimanevano dei pantani d’acqua. Dopo c’era una cosa di legno chiamata la “ciaula” che serviva per spaccare la canapa separando il “nicchio” dallo scarto che ci si facevano le corde…”
O. T. di anni 84: “…Si piantava il grano frassineto, il vanziotto e la mentana… Io avevo le macinette di quel povero nonno per macinare il farro però a mio padre non piaceva e non lo piantavamo. Il granoturco era più che altro il nostrano per la polenta e il pane, quell’altro per gli animali si comprava. Con quel granoturco ci si facevano i panetti da cuocere su al forno…C’era la pera di S. Pietro che era quella precoce e la mela rosa, la più preferita, e anche quelle a muso di bue, ma queste non le dovevi mangiare appena raccolte perchè legavano i denti, le dovevi fare maturare per un po dopo raccolte. Si conservavano dentro i cestoni con le zampe del granoturco e si mettevano sopra le piante con la paglia sopra. Si mantenevano parecchio…”
M. P. di anni 85: “…Oltre alla canapa e al lino mettevamo il grano, più che altro frassineto,ma anche mentana e carosella. Il granoturco era quello nostrano, per la polenta… Prima si metteva anche il farro, e legumi vari come ceci, fagioli… La fagiolina bianca. Per le bestie si piantava il favino, e l’avena…Una volta avevamo una pianta di pere, gli si diceva pere “Spadona”, erano buone. Le mele rosa, prugne, pesche genovesi che venivano grosse, e le scopparole… Per conservare la frutta io la mettevo fuori dentro ad una cesta con la paglia, sopra ad un albero. Ci si mettevano soprattutto le mele…”
M. D. di anni 86: “…C’erano le pere spadone. Si faceva la marmellata con la sapa…”
Per il Comune di Monte Cavallo, L. M. di anni 89 racconta: “…mia madre metteva la canapa e per macerarla si metteva sotto la neve. Si piantava sotto a casa nostra in località Canepina e giù la Valle dove stava il laghetto…Si piantava la lenticchia la cicerchia e la roveglia…”
R. N. di anni 82: “…Le varietà di mele antiche erano: mele rigate, mele rose e le mele campanelle…”
Per il Comune di Monte San Martino, B. O. di anni 84 racconta: “…Il grano si piantava quello tenero, la iervicella, il totaro, l’impero che venne fuori sotto mussolini. Il granoturco era quello nostrano per la polenta. Io sui campi c’ho messo un “marguttu”, lo spaventapasseri, ma le volpi non le ferma, si mangiano il granturco buono e lasciano quello cattivo… Si coltivava anche la canapa e si tesseva pure. Si metteva in un pezzo di terra buono. Ci facevamo anche le corde per le bestie. Mettevamo anche il lino che serviva per fare i tessuti più pregiati. Dalla canapa ci venivano fuori tre tipi di filature, il “nocchio” per il tessuto, il “pinicchio” per le corde e i sacchi mischiato con il nocchio e la “grasciuleia”.. L’olivo era del tipo carboncella, piantone un po’ più grossa e leccino. Anche i frantoi erano ad acqua e avevano una o due macine. Poi si pressava la sansa che si metteva dentro ai “conci”… L’uva era del tipo malvasia, cimicì, forcese e questa era tutta uva nera insieme alla tinturì, che si chiamava così perchè macchiava. Il vino si faceva cotto e qualcuno, ma erano rari, lo facevano crudo… Qualcuno aveva le canale murate che erano più comode, comunque si pigiava l’uva con i piedi, poi si metteva a cuocere. Un po si faceva anche il mosto cotto che si concentrava come una marmellata e si metteva sul pane come dolce…”
A. E. di anni 84: “…le varietà di frutta: fichi Serviglianetti, mele campanella, mele rozze, mele granà, la mela rosa, mele cotogne…”
C. A. di anni 82: “…Varietà d’olivo: la limoncella, il piantone…”
Per il Comune di Muccia, C. P. di anni 89 racconta: “…Quello che più si coltivava era il grano: le varietà ora sono diverse. Allora c’erano delle varietà che non reggevano al vento. Bisognava mettere il grano con la “reschia” e non quello senza Reschia perchè la reschia lo tiene, altrimenti viene il vento e lo butta giù. Se tu lo mietevi a tempo, bene; se tardavi un giorno, due o tre lo trovavi a terra…C’erano le viti ma ora le ho tolte tutte: erano “alberi”, l’oppio per le “capanne”. Le varietà di uva erano la “ribona”, il verdicchio, il “bottaletto” che è un’uva bianca con poca gradazione…C’erano diverse varietà di mele: la mela rozza, la mela rosa, la mela a muso di bove. Le mele rozze mantenevano fino a tarda primavera, fino a maggio. Si mettevano in mezzo alla paglia.Queste piante sono state tolte quasi tutte quando sono arrivati i trattori perchè in mezzo ai campi davano fastidio…” C. G. di anni 84: “…Prima si piantava il pioppo, (in dialetto l’oppiu). Si metteva la vigna, si metteva il marzuolo, la cicerchia, si metteva tanta roba che serviva per mangiare. Si mettevano i fagioli turchi che erano bianchi, i fagioli a uovo di quaglia o fagioli dall’occhio. Si metteva pure la roveglia, il moco…varietà di mele: mele rosa, le mele cotogne, le rozzette…”
Per il Comune di Penna San Giovanni, N. E. di anni 85 racconta: “…Si coltivava il grano, un po di granoturco per i maiali… C’erano tutte le qualità di grano: frassineto, mentana, totaro, iervicella, vanziotto, impero… Si metteva anche la cicerchia, le fave, le patate. Noi mettevamo anche la canapa, il lino… La canapa si metteva sulla terra migliore. Il lino si metteva per fare le lenzuola più belle. Babbo faceva i pettini per il telaio. Poi ho imparato anche io…”
G. R. di anni 73: “…Sono cambiate le varietà. Prima si trovava il frassineto che faceva molta paia che prima serviva. C’era anche la iervicella che veniva alto. Poi è stato messo un grano più basso. A Fallerone c’era il mercato della paglia… Si metteva il granoturco, all’epoca si metteva solo quel tipo di granturco per la polenta, era più buono come qualita, ma rendeva meno. C’è qualcuno che può tenere ancora i semi di questo granoturco perchè qualcuno lo mette ancora apposta per la polenta. Si piantavano i legumi come i fagioli ad uovo di quaglia, i ceci e la cicerchia, ma poca perchè non era speciale, ma cresceva anche negli anni di siccità e nei terreni più poveri. Qualcuno metteva pure la lenticchia. La canapa si metteva e si portava giù al fiume a macerare e con la macenga si sfibrava. I canapini venivano di fuori, soprattutto i cordai dalla parte dell’Abruzzo. Sono venuti fino al ’40, ’45 perchè fino al ’50 è stata messa. Se ne piantavano piccoli appezzamenti ad uso familiare per le corde e il corredo…”
Per il Comune di Pieve Torina, B. C. di anni 84 racconta: “…i frutti antichi erano: mele rozzette, mele rosa, mela cotogna, pere collatturi, prugne selvatiche, le prugnolette…”
R. L. di anni 82: “…varietà di frutti antichi: mela cotogna, mela ruzza, muso di bove, mela bianca…”
S. M. di anni 78: “…a Macereto si seminava l’orzetta, la roveia, il moco, la cicerchia…”
B. D. di anni 94: “…il moco si coltivava per darlo ai piccioni, pecore e vacche…il moco che si dava alle bestie si macinava mentre ai piccioni no…noi piantavamo la roveia e la mangiavamo come i piselli…si piantava canapa e lino…le varietà dell’uva: vissanello, ribona, zibibbo…”
M. F. di anni 72: “…Avevamo i seguenti tipi d’uva: lu legnotte, l’uva grossa, l’uva fragola…”
Per il Comune di Pievebovigliana, I. A. di anni 92 racconta: “…le sementi antiche erano: i fagioli, i turchi, il fiascone, la regina, i ceci, i piselli erano più piccoli, la fava, il moco per le mucche prima a bagno e poi macinato, il foraggio grego ma non era buono, la rovegna…varietà di frutti antichi: le mele rosa gentile, la mela rozza, le ciliege grognole, le mustarole…”
L. P. di anni 85: “…si piantavano i mochi, la lenticchia, i fagioli tutta la qualità,le patate rosse lunghe, la cicerchia…varieta di frutti antichi: le mele rosa, le mele a muso di bove, le pere si San Pietro, le prugnolette…”
C. C. di anni 85: “…La “crocetta” è un tipo di fieno, di foraggio e c’è quella “quarantina” che si falciava due volte e la “nostrana” una volta sola, ma serviva per il seme…Si piantava il grano “romanella”… Si piantava anche la biada e l’orzetta. La “crocetta” si spulava con la “spularola” e si vendeva il seme…”
P. N. di anni 77: “…A S. Maria Maddalena ci coltivavamo il grano romanella, l’orzo, la biada per gli animali, il “moco” per gli animali, ma non per i maiali. Anche la “roveglia” e la “crocetta”… la crocetta serviva per il fieno e una perte si lasciava il seme… Qua si piantava anche la canapa, ce l’avevamo tutti, anche il lino. A bagnare si portava giu al fosso Fontinelle…Si mettevano tutti e due ed il lino era pregiato per il seme che bolliti serviva per guarire lo stomaco delle bestie, ma anche per fare gli impiastri di semi di lino per le persone contro la tosse, il raffreddore e la febbre…. Io mi ricordo che quando la falciavi ti faceva venire sonno…”
Per il Comune di Pioraco, F. T. di anni 80 racconta: “…la canapa si metteva a bagno, si asciugava, si batteva e poi si pettinava…le qualità d’uva erano: il Trebbiano, la Ribona, il Bottalittu…l’uva che si essiccava per farci i dolci si chiamava l’uva Passerina, si preparava mettendola nel forno…le varietà vecchie d’olivo che ancora possiedo sono: la Rosciola (frutti piccoli)e l’Orbetana (frutti grandi)le varietà delle mele:le Mele a Manico Lungo, le Mele in Pietra. Una pianta di Mele in Pietra si trova vicino al pollaio c’è ancora una pianta vicino al pollaio)…”
Per il Comune di Sarnano, M. P. di anni 75 racconta: “…si piantava fino a Campo Maggiore. Le sementi antiche erano: il grano e la romanella. Il raccolto veniva portato con i muli all’Abbazia per essere battuto…le varietà di vino erano: la Malvasia, San Giovese ed il Forcese…”
B. E. di anni 89: “…Si piantava il grano… il frassineto. La canapa si metteva poco….”
C. E. di anni 87: “…La canapa si faceva. si levavano i maschi e quando era pronta si mettevano al vurgo con le pietre sopra per farle stare sott’acqua. Dopo una quindicina di giorni si toglieva e si metteva ad asciugare. Poi si passava sulla ciagula e poi si filava. I Nocchi erano quella più pulita e la stoppa era quella più scarta. Poi si filava con fuso e conocchia. Per filare e far fare la saliva si mangiavano i fichi secchi. Poi si faceva l’ordito e si tesseva. Per ordire bisognava essere capace. Si compravano i pacchi di cotone e si mettevano su con i cannelli…Si coltivava il granoturco, il grano, le patate nostrane, le biancone, le quarantine un po’ più precoci. Si piantavano i ceci , la cicerchia, i fagioli borlotti, quelli a dente di cavallo bianchi e grossi, i fagioli di Carlo gialletti, quelli ad uovo di quaglia. Il granoturco nostrano, quello buono, mica gli si dava il diserbante! I frutti ce n’erano tanti: la mela rozza, li sciangi, la mela rosa, li sfasciabiancati (i biancati erano le manzarde), le pere c’erano quelle di S. Pietro che si facevano prima, c’erano le mele a muso di bue….”
O. R. di anni 79: “…Piantavamo piu che altro grano e foraggio. Il terreno era diviso a metà e si piantava grano e foraggio a rotazione. Si lavorava con le vacche… C’erano tante varietà di grano: il frassineto era quello tradizionalmente più usato, era un pò più tardivo ma fruttava di più… Poi c’era il vanziotto. Il granoturco era quello nostrano, che dava meno resa, ma era buonissimo per la polenta. Prima non era come adesso, non si comprava niente, ma si piantava tutto. Nonno partiva con una cesta d’uova e riportava il baccalà o due sardelle. C’era la mela rosa, e un tipo a muso di bue… L’uva c’era la malvasia, lo cacciumme, lo cimmicie e l’uva rossa. La vigna era tutta alberata perchè si lavorava con le vacche. poi sino venuti i trattori e abbiamo tolto tutto. Il vino lo facevamo tutto cotto… Piantavamo pure la canapa, sempre nello stesso posto, il canaparo. serviva per le corde e per i vestiti… La sera le donne filavano. c’ho ancora i pettini. Prima si toglieva la femmina e il maschio, quando aveva fatto il seme si tagliava e si portava a curare giu al mulino… Poi si batteva con la ciagula e si pettinava. Per fare le corde la portavamo alla cavella, ma volendo poteva venire anche a casa. E le facevano bene. Quella per filare era un po più fina. Avevo fatto anche una macchinetta per filare, ce l’ho ancora…Nonno metteva anche il lino perchè il seme era curativo per le bestie che non ruminavano, è più bassetto, ma il procedimento è lo stesso…”
B. L. di anni 93: “…Prima si coltivava il grano, il granoturco, qualcuno il farro… Il grano era del tipo carosella, il frassineto è arrivato dopo, poi c’era quel grano rosso, con la barba rossiccia. Si metteva la selleca, la canapa che poi si batteva con la ciaula e si pettinava con i pettini…”
P. D. di anni 77: “…Maggiormente si seminavano ceci, fagioli anche se pochi, cicerchia. La roveglia qui a Sarnano si seminava poco, si metteva a Acquacanina se ne metteva tanta. Si seminava la roveglia sui Montiori. Prima si metteva il grano, l’orzo, il grano chiamato Romanella ma i cinghiali distruggevano tutto. Si diceva “se piove all’Ascensione ogni spiga prende attenzione” oppure si diceva “maggio ortolano (se piove tutti i giorni, andava bene per l’orto), assai paglia e poco grano” si diceva ortolano se pioveva molto quindi si sarebbe avuto poco grano…”
Per il Comune di Sefro, A. M. di anni 83 racconta: “…Si piantava grano romanella e frasineto, orzetta, ceci, cicerchia, fagioli a occhio di bue…le varietà di frutti antichi: mela rosa, berrettina e la ruzza la mela in pietra…”
Per il Comune di Serravalle del Chienti, E. T. di anni 77 racconta: “…La varietà di uva che si coltivava in questa zona il nome era il “vissanello” che io ce ne ho una vite che ancora fa l’uva…”
M. A. di anni 83: “…Prima si coltivava e ora non si coltiva più la vigna, l’uva. Non si coltiva più sono tanti anni. Io ricordo quando ero giovane e stavo ancora da mamma, avevamo un pezzo di terra dove c’era la vigna, c’erano gli “alberi” e facevamo 20-25 quintali di vino. Per fare il vino avevamo le canale: l’uva si “pistava” la’ dentro poi si metteva dentro le botti di legno. il vino era crudo: fermentava nelle botti fino a gennaio. IL vino cotto lo facevano verso Caldarola: qui non c’era la tradizione…Addietro mettevano la canapa: fino a 1800 metri e ci veniva bella. Nella terra migliore ci mettevano la canapa che serviva per fare i vestiti…C’era la mela ranetta, che era quella che veniva più grande; poi c’era la mela ruzza, che veniva piccola. Di questa ancora c’è qualche pianta. L’uva era di varietà “vissanello”. Qualche vite ancora c’è che è rimasta selvatica vicino a una fratta, ai cespugli di spine. E’ rimasta li’ e campa da sola…..Le ciliegie c’erano quelle piccole che vengono da sole e poi c’era la ciliegia grugnola si chiamava. La pianta ancora c’è ma le ciliegie fanno il verme perchè non sono curate…”
Per il Comune di Ussita, A. P. di anni 92 racconta: “…Le varietà d’uva che si coltivavano erano la vissanella, lo “scrocchio”…”
R. N. di anni 92: “…gli argini dei seminativi a destra del passo Cattivo verso il Monte Porche. La sistemazione agricola in montagna consisteva nel lasciare ai piedi di ogni campo uno spazio di dodici solchi, questo veniva fatto per far accumulare la terra e non permetterle di scendere a valle.A Panico si seminava il Farro. Il Moco sostituiva il latte all’agnello, la Roveia si dava per far ingrassare il bove tanto che in Toscana si chiama ingrassabove, e la Cicerchia si usava anche per aumentare il latte alle donne che ne avevano poco…la canapa per farla macerare si metteva d’inverno alle gelate. La canapa si toglieva dalle gelate nel periodo primaverile, quando era diventata bianca…il pascolo delle pecore in montagna garantiva l’ampliamento dei campi falciabili. Il pascolo di fine luglio primi di agosto garantiva la semina delle leguminose. Si mandava in montagna un’uomo che tagliava gli ultimi cardi e distribuiva il fiorume (semi che cadevano nel fieno) ai margini dei prati falciabili per conquistare altri spazi…in montagna si allevavano anche le capre e i maiali per questo bisognava avere un pò di bosco di quercia. Il bosco migliore era a mezzogiorno (sud-est). Le Verziere erano radure dove si piantavano i cavoli per l’inverno…I prati alti dovevano essere falciati prima del 15 agosto e prima di portare via i covoni si dovevano Spigolare. Le semine avevano le Vicende perchè il territorio era divisi in più parti, i pascoli alti, i seminativi, i boschi cedui e in basso le Cese. Le Cese erano dei campi in cui si autorizzava il disboscamento per mettervi le viti…”
M. R. di anni 62: “…Anticamente qui si coltivava il grano, la lentichia, il farro, la canapa, l’orzo per farci il caffè. La canapa si metteva nei pezzi di terra più buoni che si chiamavano le canepine. non mi ricordo come si faceva per macerarla ma mi ricordo che per batterla si usava “lu macingolo” che era come una “trocca di legno” che ci mettevano la canapa dentro poi con un altro pezzo di legno la battevano…”
B. F. di anni 69: “…varietà di mele: la mela cotogna, la mele rosa, delle varietà di mele verdi delle quali non ricordo il nome, le mele selvatiche o schianci….”
Per il Comune di Visso, F. A. di anni 92 racconta: “…Si piantava l’orzo, l’avena, il grano di diversi tipi come il frasineto, quello baffuto chiamato la reatina, ma io non l’ho seminato perché facevo il muratore. Il grano lo portavano qui e poi con la trebbiatrice lo lavoravano…”
F. M. di anni 81: “…Prima i campi che si vedono erano tutte vigne e c’era il Vissanello, il Pecorino che era piccolo e aspro e ci facevano il vino “l’Aspretto di Vallopa”. Il Pecorino si metteva dappertutto, noi gli dicevamo “una piantata”, si potava un albero d’oppio, veniva ripulito e poi ci si piegavano i rami; prima di settembre-ottobre non maturava, per noi Vissanello o Pecorino è la stessa cosa. C’era qualche vite di uva nera. Di vino cotto se ne faceva poco…A Cardosa si piantava il grano, l’orzetta…La roveglia l’abbiamo seminata a Cardosa. da ragazzi andavamo a rubarla per mangiarla fresca come i piselli…La canapa si metteva e ogni famiglia aveva una canapina, non si coltivava sulla montagna ma sempre in questi pezzi di terreno medio bassi. Si piantava , si raccoglieva, poi si facevano tutti mazzi, si metteva a bagno dentro una pozza o nel fiume e poi si stendeva al sole dopo si passava nella macingola e si pettinava…”
M. D. di anni 94: “…La canapa si metteva solo nell’orticello di casa, si faceva seccare e si filava…Facevamo il vino con un tipo d’uva molto piccola che se non sbaglio si chiamava Pecorina, c’era lo “sibito” (zibibbo?) che era un’uva da pasto e poi sempre da pasto c’era l’uva nera…”
R. G. di anni 81: “…Il grano si piantava anche in montagna, veniva riportato giù con le bestie dai punti più scomodi…Si piantava un po’ di tutto granturco, patate, la roveglia se ne piantava poca. Piselli, cannellini, ceci, prima si arava e poi si seminava, si arava a primavera e poi si seminava il grano a maggio, giugno. Gli uomini andavano in transumanza in Maremma e le donne si occupavano dei campi…Le piante da frutto erano: mele rozze , le prugne, i prugnali, le mele cotogne, ciliegie selvatiche…Di uva c’erano un paio di vigne e mettevano tutti il Vissanello…”
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