Narrazione dal Comune di Venarotta: il vino cotto.
“Una volta si faceva il vino crudo e cotto. Per fare un buon vino cotto ci vuole innanzitutto l’uva buona. In secondo luogo deve bollire il più possibile. Io da 5 quintali di mosto ci faccio 3 quintali di vino cotto. Lo faccio “scendere quasi” della metà. Anticamente alcuni spegnevano nella caldaia del vino mentre bolliva un tizzone di quercia.
In questo modo credevano che quel vino sarebbe “andato subito alla testa” per via della quercia. Il vino si pensava che sarebbe venuto molto forte perchè c’era stato spento dentro il carbone di quercia che è una pianta forte. In effetti di quel vino più di tanto non se ne poteva bere altrimenti veniva il mal di testa.
Per non far prendere al vino il sapore del rame si metteva nella caldaia un pezzo di ferro. Qualcuno metteva nella caldaia anche una mela cotogna per dare sapore al vino.) Per la cottura del vino c’erano le caldaie murate di 6 quintali.
Sotto alla caldaia c’era la “fornacchiola” ossia lo spazio per accendere il fuoco.
C’erano poi le “canale” dove si “pistava” l’uva con i piedi e sotto ogni canala c’era il “capicchio” dove si raccoglieva il mosto. Da qui con la “ramacciola” veniva “incallarato” ossia messo nella caldaia a cuocere.
Le vinacce avanzate dalla pigiatura venivano messe da parte e ripassate la notte con il torchio.
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 2.5 Italia.