Visita fiscale o pastorale
Alcune visite sembrano sottolineare maggiormente il controllo amministrativo delle chiese e delle confraternite, insistono di più sulla supervisione degli statuti, collazioni dei benefici, legati di messe, sui libri delle entrate e delle uscite, sugli inventari,sui possessi dei beni mobili e immobili, ma possiamo affermare che in genere le visite pastorali montaltesi e ripane si caratterizzano in modo particolare per l’afflato pastorale che li percorre, dovuto sia per il clima familiare che comunque è sempre più accentuato all’interno di piccole diocesi.[1]
I visitatori
Naturalmente il visitatore per eccellenza è il vescovo: a lui compete per diritto. Normalmente la prima visita viene effettuata interamante dal vescovo diocesano, con scrupolosa e puntigliosa presenza, anche nei paesi più piccoli e alle chiese rurali più sperdute. Si tratta infatti di conoscere la diocesi che gli è stata affidata[2]
Le chiese
Ogni chiesa, specialmente la chiesa parrocchiale, viene minuziosamente visitata e fatta passare sotto la lente d’ingrandimento della verifica canonica. Vengono trattati tutti gli altari, la loro ubicazione, il loro titolo, la pitra sacra, l’immagine collocata, gli arredi, il prete beneficiario di tale altare, la manutenzione ordinaria. Poi si passa al tabernacolo, al fonte battesimale e alla verifica degli oli sacri. A Montemonaco sono scomparse nell’area del paese le chiese di S.Pietro(oggi sede della Banca). S.Maria delle Grazie (all’imbocco del paese verso il cimitero) e la chiesa della Pittura di difficile ubicazione). Quando una chiesa veniva demolita occorreva seguire una precisa prassi canonica: il materiale dile ancora utilizzabile doveva servire per costruire altre chiese o luoghi pii e sul sito doveva essere eretta una croce. A Montemonaco, ad esempio, ancora oggi si vede una croce sullo sperone collinare all’inizio della strada per la Sibilla: lì era eretta la chiesa di San Donato in Collina, il cui titolo fu inglobato nella sottostante chiesa di S.Salvatore (cfr visita Ambrosi del 1824 e Canestrari del 1827) [3]
Le confraternite e le opere di carità
Dopo il Concilio di Trento, grazie soprattutto alla vivacità degli Ordini religiosi e alla crescita di un rinnovato spirito religioso, le confraternite, nate nel XIII-XIV secolo, acquistarono un nuovo impulso e diventarono i “seminari”b di formazione dl laicato. Quasi tutte le confraternite del Sacramento, infatti, gestivano quella che possiamo chiamare “l’economia della carità”, consistente nella gestione dei monti di pietà e dei monti frumentari, nella costituzione delle doti per ragazze da maritare, oltre che nel mantenimento degli “hospitali”cioè per il ricovero di pellegrini e di malati. Particolarmente importanti furono i monti di pietà, cioè gli istituti di prestito che davano ai bisognosi il necessario in base a un pegno depositato, al fine di proteggerli dalle spogliazioni dell’usura. Dall’idea dei monti di pietà derivò quella dei monti frumentari, che prestavano frumento per la semina o nei momenti di carestia, esercitando un ruolo notevole nell’economia agraria dal XVI al XVIII secolo. E’ chiaro che il controllo sulle confraternite non si limitava all’aspetto amministrativo, ma comprendeva anche – e soprattutto – l’aspetto spirituale.[4]
[1] Catani Vincenzo; Le visite pastorali nelle diocesi di Montalto – Ripatransone – S. Bendetto del Tronto; Quaderni per la ricerca vol. 6; Grottammare 2004. pag.13-14
[2] Catani Vincenzo; Le visite pastorali nelle diocesi di Montalto – Ripatransone – S. Bendetto del Tronto; Quaderni per la ricerca vol. 6; Grottammare 2004. pag. 15
[3] Catani Vincenzo; Le visite pastorali nelle diocesi di Montalto – Ripatransone – S. Bendetto del Tronto; Quaderni per la ricerca vol. 6; Grottammare 2004. pag.28-31
[4] Catani Vincenzo; Le visite pastorali nelle diocesi di Montalto – Ripatransone – S. Bendetto del Tronto; Quaderni per la ricerca vol. 6; Grottammare 2004. pag.41-46