“Nell’immediato dopoguerra in Italia quasi il 50 per cento della popolazione attiva lavorava la terra e oggi non c’è che un 10 per cento di agricoltori, la campagna si è smarrita, scomparsi gli uomini che frequentavano boschi e campi, conoscevano alberi erbe fiori animali nomi di luoghi. I numeri delle particelle e le parole generiche fiore o albero, pianta, erba hanno sostituito centinaia di denominazioni ben vive nella bocca dei nostri nonni contadini che sapevano i nomi di tutte le cose che avessero a che fare con l’ambito dei loro interessi pratici e del loro mondo concreto. Questi nomi permettono di riannodare trame dimenticate che si svolgono attorno al tema dell’uomo e il sacro. Superstizioni e credenze hanno fatto sedimentare parole-spia fossilizzate, segni allo stato attuale opachi e svuotati dalla motivazione antica”. [1]
L’obiettivo principale della nostra ricerca è di trovare le interrelazioni tra l’evoluzione del territorio e la storia dell’uomo, parte importante in questo ruolo la svolge la toponomastica, la lettura delle mappe e il ricordo che ne hanno le popolazioni locali.
“La toponomastica si occupa dei nomi di luogo, può pertanto essere considerata una scienza geografica poiché essa indaga vari aspetti di un oggetto geografico. Può interessare l’antropogeografia perché si occupa spesso di storia degli insediamenti umani un una determinata regione, può anche illustrare aspetti dell’economia, dell’agricoltura, della pastorizia, degli usi e costumi. La toponomastica inoltre può costituire un fondamento essenziale per la descrizione della colonizzazione e lo sviluppo dei nuclei umani. La toponomastica è utile nello studio della geografia botanica, delle attività produttive e degli edifici scomparsi .
Tra tutti i tipi di documenti, massimamente longevi sono i nomi propri di singoli luoghi – i cosiddetti toponimi – che si tramandano, talvolta corrotti o trasformati dall’uso, nel succedersi delle lingue e delle culture, su un dato territorio. Nell’avvicendarsi delle dominazioni, spesso i nuovi venuti adottano il nome dato al monte, al fiume, all’abitato dai primi occupati: dimenticano il significato del nome ma ne conservano il suono, che entra nel loro vocabolario a disegnare quel monte, quel fiume, quell’abitato. A loro volta impongono nomi nella propria lingua ad altre località o strade o villaggi che via via disegnano, lasciandovi così la propria riconoscibile impronta.”[2]
La base di lettura del territorio scelta è stato il Catasto Gregoriano (di Pio VII 1816, attivato da Gregorio XVI 1835), l’unico catasto che ci permette di individuare i toponimi tramite i libri matrice e di trovare la loro esatta posizione sulle mappe tramite il numero di particella. Le mappe e la nominazione ci hanno permesso di ripercorrere l’assetto storico-toponomastico, l’uso del suolo, la distribuzione particellare della proprietà e l’individuazione di diversi sub-ambiti di specializzazione delle coltivazioni.
[1] Gian Luigi Beccaria I nomi del mondo. Santi demoni folletti e parole perdute Einaudi tascabile l.s. Trento 2000
[2] Giovan Battista Pellegrini, Toponomastica Italiana 10000 nomi di città, paesi, frazioni, regioni, contrade, fiumi, monti spiegati nella loro origine e storia. Ulrico Hoepli Editore L.s. Trento 1990.